Confermata la chiusura di Expo il prossimo 31 ottobre.
Bilancio? “Positivo”, così scrivono molti articoli.
Positivo per il numero dei visitatori, per gli imprenditori lombardi che, addirittura, ne chiedono una proroga, per l’immagine di un’Italia che, nonostante le corruzioni iniziali e le mazzette varie, e’ comunque riuscita ad organizzare la grande esposizione…
Tutto molto bello, quasi un “vissero felici e contenti”.
Peccato però che l’obiettivo era soprattutto un altro: la fame nel mondo.
Chissà se quegli imprenditori che ne hanno chiesto un prolungamento lo hanno fatto per debellare la fame che colpisce quasi 800 milioni di persone nel mondo.
E chissà se i visitatori, si saranno davvero indignati per i morsi allo stomaco di cui tante donne, uomini e bambini continuano a soffrire per mancanza di cibo.
Non voglio essere catastrofista per forza e nemmeno scalfire entusiasmi ma penso che non sia più tempo per i buoni propositi se sono accompagnati da business piuttosto che da verità e concretezza perché in questo caso, a pagarne le spese sono ancora una volta loro, i poveri.
Io sono stata ad Expo ed effettivamente l’impatto con quella grande macchina, trasmette positività.
Il Padiglione Italia e, non per essere di parte, il padiglione della Santa Sede, Cei, diocesi di Milano con l’attenzione al nutrimento anche interiore mi hanno colpito molto.
Ciò che mi ha lasciato perplessa però è la maestosità della realizzazione di tutti complessi con i dati relativi al tema a cui, tutto questo, è dedicato.
Quali le risposte dal punto di vista pratico? E soprattutto, cosa cambierà dopo un investimento anche economico che avrebbe potuto ridare vita a milioni di persone in difficoltà?
Si, è vero, su un’occidente cieco alle sofferenze dei poveri si deve investire parecchio.
Sull’educazione al rispetto del cibo, dell’ambiente, del no allo spreco vale la pena soffermarsi ma i singoli cittadini, le associazioni, le imprese che hanno sottoscritto la famosa Carta di Milano sapranno davvero assumersi responsabilità precise rispetto alle proprie abitudini?
E i governi, insieme alle istituzioni internazionali saranno finalmente capaci di adottare regole e politiche a livello nazionale e globale per garantire al Pianeta un futuro più equo e sostenibile?
Insomma, oltre al numero dei biglietti venduti, si terranno a cuore i volti di quelle persone che vengono sempre ridotti a percentuali con cui promuovere poi iniziative di interesse personale?
Lo spero, lo spero tanto, perché in questo caso l’epilogo non sarebbe quello di una favola ma di un’era infetta dall’egoismo.