Ho affrontato il tema della schiavitù della prostituzione in diverse trasmissioni televisive e non vi nego il dolore e la rabbia che questa drammatica realtà mi suscita ogni volta.
La prima volta, lo feci proprio nella mia prima edizione di A sua immagine. Sono passati tanti anni ma il dialogo con quella ragazza salvata da Don Oreste Benzi lo porto ancora con me. Ricordo il suo volto segnato, i denti massacrati dai cazzotti e le guance scavate da lacrime per troppo tempo inascoltate.
Aveva un filo di voce e quasi sembrava, con i suoi occhi bassi, chiedere scusa per la sua esistenza. Ma cosa le hanno fatto!? Gridavo impotente dentro di me. Come si può arrivare a fare tanto male ad un essere umano? Il suo corpo era prosciugato dalla paura e la sua sofferenza era il riflesso della sporcizia di chi ha la maledizione della perversione.
Era stata ingannata, era arrivata in Italia con la promessa di un lavoro e invece la sudicia barbarie di quelli che poi si sono rivelati essere i suoi persecutori, l’avevano costretta alla prostituzione, a quella schiavitù che molti, in modo subdolo, sminuiscono diabolicamente definendolo il mestiere più antico del mondo. Quanta ipocrisia c’è dietro il silenzio di questo mercato! Quanta barbarie e quanto nero c’è in quegli uomini incapaci di amare davvero!
La schiavitù della prostituzione esiste perché c’è una domanda, perché ci sono clienti disposti a pagare soldi per insabbiare le proprie incapacità relazionali ed emotive. Uomini di vetro, maleodoranti nell’anima che, forse, solo con leggi più severe, potrebbero avere l’opportunità di un percorso capace almeno di far prendere loro coscienza del male fatto.